11 novembre 2015
Istanbul - A un anno dalla visita di Papa Francesco e nel segno dell’ecumenismo anche la cattedrale dello Spirito Santo ha aperto la sua porta santa, dove martedì 8 dicembre, numerosi fedeli hanno attraversato con le fiaccole in mano la porta centrale della chiesa. La stessa porta santa per tutti i cattolici: armeni, siriaci, caldei e di rito latino. Tutti insieme perché l’unità della Chiesa sia visibile, come ha chiesto il Papa.
Anche le nostre sorelle della comunità Sant’Antonio di Büyükada erano presente alla celebrazione: Sr Zita, Sr Gigimol e Sr Miriam.
«È un segno importante — spiega il francescano padre Anton Bulai, segretario generale della Conferenza episcopale turca — perché significa tornare a riunirsi dove abbiamo celebrato insieme, facendo unità nello Spirito Santo». All’apertura della porta santa a Istanbul sono stati invitati anche i cristiani ortodossi, «per farli partecipi — ha ricordato padre Bulai — di questo evento della Chiesa cattolica».
Preghiera del Giubileo tradotta anche in turco
Per tutta la durata dell’anno santo (dall’8 dicembre fino al 20 novembre del 2016) i gruppi e le comunità parrocchiali di Istanbul si organizzeranno per il passaggio della porta santa nella cattedrale, dove troveranno la preghiera del giubileo che è stata tradotta in turco. «In una città cosmopolita come Istanbul — sottolinea il segretario generale della Conferenza episcopale turca — anche gli ospiti e i turisti potranno, se vorranno, passare attraverso la porta santa e trovare qui la possibilità di pregare nella propria lingua».
Avviare riflessione comune con i musulmani sulla misericordia
I cattolici in Turchia sono una piccola parte di un insieme di cristiani che comprende tra le centomila e le centocinquantamila persone, cioè appena lo 0,15 per cento della popolazione. «L’anno santo — conclude padre Anton Bulai — deve essere quindi l’occasione per poter avviare una riflessione comune con i musulmani sul concetto di misericordia. L’islam, così come il cristianesimo, conosce Dio misericordioso e questa attitudine deve esprimersi anche nei nostri rapporti interpersonali».
(Fonte: @L’Osservatore Romano)
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