L’incontro ci ha offerto momenti di condivisione e di riflessione su alcune tematiche fondamentali per una Chiesa sinodale. Dopo l’invocazione allo Spirito Santo la parola è stata data a Sua Ecc.za Mons. Selim Sfeir, Arcivescovo maronita di Cipro. Nella festa liturgica per la Chiesa maronita di S. Stefano, Mons. Sfeir ha incentrato la sua riflessione sulla netta relazione tra la figura di Stefano e la nostra missione, sottolineando il paragone intrinseco tra il Natale di Gesù Cristo e il ‘dies natalis’ del protomartire (cfr. Atti 6). Ieri Cristo è stato avvolto nelle fasce per noi. Oggi Stefano si offre con vesti di immortalità. Oggi la ristrettezza di una mangiatoia ha sorretto Cristo con Dio. Oggi l’immensità del cielo ha ricevuto Stefano trionfante. Il Signore è disceso per innalzare molti.
Sua Ecc.za ha messo in rilievo come la ‘missione’ di diffondere il Vangelo ci tocca personalmente e ci chiede di annunciare non solo con le parole ma soprattutto con la vita, testimoniando la gioia del Vangelo e seminando nella verità e bellezza, talvolta anche tra le lacrime. Compito importantissimo per noi è dimostrare, con la vita, la freschezza della dottrina cristiana, avvalendosi di nuovi metodi e forme di espressione, di segni eloquenti e parole di rinnovato significato per il mondo attuale. Mons. Sfeir ci invita ad un apostolato tangibile sull’esempio di S. Stefano:
- illuminare il mondo con la gioia del Vangelo;
- dare un nuovo senso agli avvenimenti;
- mostrare a tutti la via che porta a Dio, attraverso la carità.
Nella seconda parte dell’incontro la parola è stata data a padre Bruno Varriano, Vicario patriarcale latino per Cipro. Padre Bruno ha ringraziato Mons. Sfeir per l’opportunità di vivere questo momento di unità tra la Chiesa latina e maronita. Camminare insieme, infatti, è la prima testimonianza della Chiesa cattolica. Il relatore ha introdotto il tema “L’incarnazione del Verbo, incontro con la fragilità umana” con il video messaggio del Custode della Terra Santa, fra Francesco Patton ofm, dalla grotta di Betlemme.
Domande di fondo: Che cosa significa davvero celebrare il Natale? Celebrare il Natale è acquistare più umanità, è amare l’umanità di Dio che si incarna. Dove sta la nostra umanità nell’incarnazione? Che cosa cambia nella nostra vita con l’incarnazione del Verbo? Per parlare della spiritualità del Bambino, la parola è ‘kenosis’. Dio che si abbassa e nasce con tutte le fatiche umane. Dov’è la nostra ‘kenosis’?
Il Natale del Signore ci porta la novità del messaggio che l’umanità di Cristo può avere per ogni uomo e per la vita e l’azione missionaria della Chiesa. Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Cristo quando:
- accogliamo l’uomo nella sua realtà;
- difendiamo l’uomo nella sua dignità;
- nutriamo uno sguardo di speranza.
Padre Bruno ha sviluppato l’argomento della fede ‘incarnata’. Quella che affronta nella fede, speranza e carità le fragilità e le incompiutezze dei nostri comportamenti. Al termine riflette sulla domanda: Di quali segni si può valutare se una persona vive una vita spirituale? Il vero segno, secondo Sant’Ireneo di Leone, è la carità. Se una persona vive la carità, vive dunque la vita spirituale. Argomento caro al serafico padre San Francesco: dall’umiltà dell’incarnazione alla carità della passione. Nel rapporto intimo con la persona di Cristo e per mezzo del Vangelo, attraverso i sacramenti, la carità, la preghiera e i poveri scaturisce l’affettività spirituale, rapporto estremamente ricco di partecipazione e di condivisione.
L’approccio che padre Bruno ha adottato è stato davvero arricchente e apprezzato da tutti i partecipanti, soprattutto per la prospettiva dell’uomo non visto in dimensioni frammentate e non comunicanti fra di loro ma nella prospettiva dell’uomo trinitario, proteso verso la trascendenza in una dimensione di dialogo, di condivisione e di partecipazione.
È stato bellissimo stare insieme, conoscere i nuovi religiosi e religiose, arrivati a Cipro. Come francescane e missionarie, desideriamo essere comunità sinodale che si inserisce nei diversi contesti di etnie e culture dell’isola. Nell’intreccio e nell’incontro dei popoli, siamo chiamate a custodire lo spazio aperto in cui tutti si possono sentire accolti e raggiunti dalla misericordia di Dio. Sottolineava papa Francesco durante la sua visita a Cipro: “Non ci sono e non ci siano muri nella Chiesa cattolica.”
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