Il 15 Febbraio, in casa provinciale a Centocelle, si è ripetuto l’appuntamento dell’incontro con Gesù che consola, sana le nostre fragilità e ci offre la pienezza del beneficio del Sacramento dell’Unzione dei malati che abbiamo ricevuto comunitariamente.
“Gesù, fermatosi, li chiamò: «Che volete che io vi faccia?». Gli risposero: «Signore, che i nostri occhi si aprano!». Gesù si commosse, toccò loro gli occhi e subito ricuperarono la vista e lo seguirono. (Mt.20,32-34)
Gesù che è Dio con noi e per noi è il volto che Dio stesso vuol mostrarci di se stesso:
Dio ha creato dal nulla per amore della vita stessa delle creature e dell’uomo in particolare, ha riconosciuto di fronte ad ogni cosa creata “E’ cosa buona!” Perciò Gesù non può restare indifferente di fronte alla malattia e alla sofferenza che c’è nel mondo. In questo passo di s. Matteo, come altrove, Gesù addirittura si commuove di fronte alla cecità, al bisogno e al male di quei ciechi. Dio ci ha creati capaci, belli. Ogni organo e parte del corpo ha una funzionalità tale, che la scienza non finisce mai di studiare e di scoprire qualcosa in più, ogni imperfezione, disturbo, menomazione non è altro che l’effetto del male che è entrato nel creato col peccato. Ecco perché spesso Gesù, quando guarisce, rimette prima i peccati: ogni guarigione vera nasce sempre dal profondo.
Ma con questi due ciechi Gesù non pensa neppure di rimettere il peccato, lui conosce i cuori. E’ talmente coinvolto nel dolore di quei ciechi che si addossa tutto il peso del loro buio, in quel toccare così tanto umano eppure così divino, da restituire la vista immediatamente.
È nella logica di Dio lottare contro il male, promuovere la vita, anche per vie traverse talora…ecco perché Lui affida anche alla Chiesa che continua la sua opera di Salvezza in terra, uno strumento di guarigione e attenzione particolare ai malati: il Sacramento dell’Unzione degli Infermi.
Anche Papa Francesco è sempre stato molto attento alla condizione dei più fragili e sofferenti, degli svantaggiati, contrastando la cultura dello scarto che imperversa. Così ci esorta Francesco nella giornata del Malato 2023:
«Abbi cura di lui» (Lc 10,35) è la raccomandazione del Samaritano all’albergatore. Gesù la rilancia anche ad ognuno di noi, e alla fine ci esorta: «Va’ e anche tu fa’ così». Come ha sottolineato in Fratelli tutti, «la parabola ci mostra con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune» (n. 67). Infatti, «siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore.
Ogni cristiano è chiamato a questo particolare sentire per i malati, gli anziani, ma ancor più lo è ogni Comunità cristiana, come presenza del Signore nella concretezza del vivere…
Così quando sr Cristiana ha proposto la celebrazione dell’Unzione degli Infermi a noi suore, ci ha presentato, prima di tutto, la bellezza di accompagnare le sorelle più sofferenti, anziane e malate, a ricevere questo sacramento di guarigione e consolazione
E’ stato per noi un momento molto intimo, che ci ha fatto sentire di più l’una vicina all’altra, soprattutto vicine alle sorelle sofferenti che si apprestavano a ricevere l’unzione, chi in carrozzina, chi sui suoi piedi; sì perché ognuna si è sentita libera di valutare il suo stato di salute di fronte a Dio e di implorare il dono della guarigione.
Certo ci sono dei distinguo da fare sul senso di GUARIGIONE: non ci si può certo aspettare risultati miracolistici fisicamente, ma certamente uno può ritrovare l’armonia, il perdono interiore e la pacificazione in un nuovo senso della sofferenza, trovato nella partecipazione alle sofferenze di Cristo.
La breve celebrazione introdotta dal Vangelo del Paralitico, calato dal tetto della casa, cui prima sono rimessi i peccati e che poi è liberato dalla paralisi, ci ha offerto la pienezza del beneficio del Sacramento che celebravamo. E’ stato un gran sollievo per tutte che abbiamo avvertito anche comunitariamente, perché è stato un dono cui abbiamo partecipato tutte in un modo o nell’altro.
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