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    Domenica, 29 Novembre 2015 10:01

    Quarta domenica di Avvento

    L’avvento apre l’anno liturgico, non solo avvia questo periodo, ma lo motiva, infatti il suo significato è quello di introdurci verso l’evento della nascita di Gesù: “Ecco viene il Signore”. Si celebra la memoria dell’Incarnazione del Verbo di Dio, che è già avvenuta nel passato, è presente nell’oggi, permane nel futuro e si compirà ritornando sulla terra nella seconda venuta alla fine dei tempi.
    Dio assicura la sua presenza, viene a noi e arriva per noi, sempre più si abbassa in modo da raggiungerci. Si rivela attraverso il creato, poi diventa compagno di viaggio per Israele, parla attraverso i profeti, infine mostra al mondo il suo volto umano in Gesù fattosi carne. Il “Venire di Dio” si realizza in modo speciale, anche oggi, nella Chiesa, Popolo di Dio, in ogni famiglia e comunità riunite in preghiera nel nome del Signore. In questo anno in particolare,  il Papa ha indetto il Giubileo della Misericordia e ci ricorda “Questo è il tempo della misericordia. È il tempo favorevole per curare le ferite, per non stancarci di incontrare quanti sono in attesa di vedere e toccare con mano i segni della vicinanza di Dio, per offrire a tutti, la via del perdono e della riconciliazione”.


    4. Gesù, volto della misericordia!
    Quarta domenica di Avvento anno C
    (Mi 5,1-4a; Sal 79; Eb 10,5-10; Lc 1,39-45)

    Il profeta Michea, sulla linea degli oracoli messianici, parla di Betlemme di Efrata pensando alla ripresa della storia della salvezza dalle origini risalenti a Davide. Betlemme non è quindi solo un territorio geografico: è soprattutto la terra degli inizi dalla quale Dio riparte, castigando il peccato dei discendenti di Davide, che hanno tradito l’alleanza, ma anche rinnovando la sua fedeltà con il dono della pace. Il Messia atteso e promesso è il dominatore sulle forze del male e il pastore del popolo di Dio. I Vangeli poi sottolineeranno la dimensione geografica di Betlemme, città nella quale nascerà Gesù.
    L’ingresso nel mondo del Figlio di Dio, di cui parla la seconda lettura, avviene nella logica dell’offerta totale al Padre, per essere il segno vivo della sua volontà di salvezza.

    Nel Vangelo, l’incontro di Maria con Elisabetta, dopo l’annuncio sorprendente dell’angelo, sfocia in un canto di gioia: con le parole di Maria nel Magnificat, ogni giorno la Chiesa canta la gioia della misericordia di Dio che «si stende su quelli che lo temono». Facendo memoria dell’incarnazione, passione, morte e risurrezione di Cristo, la Chiesa canta il segno eterno dell’amore di Dio.

    Ricordiamo che fu necessario il Concilio di Calcedonia (nel 451) per proclamare l’unità delle due nature di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, contro le eresie che vedevano in Gesù solo un’apparenza umana. Egli invece è il Figlio di Dio che mostra al mondo il volto della misericordia del Padre.

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